memoria deiNostri avi
La meccanizzazione di tutte le operazione in vigna ne sta decretando la fine. Ma resta un esempio di architettura viticola, di conoscenza e di lavoro dei nostri avi. La Bellussera, una memoria vivente di lavoro, cultura ed identità che un vignaiolo ha l’obbligo di conservare.
una strutturaMultifunzionale
La vite nasce come pianta priva di sostegni, una liana.
Nei primi anni del ‘900 la Bellussera rappresentò un esempio di duttilità che permetteva di soddisfare le esigenze produttive di una famiglia e le necessità dell’epoca.
Alte produzioni d’uva (i mezzadri dovevano dividere il raccolto con i padroni dei terreni)
Minor rischio di danni da gelate tardive e di marciumi ai grappoli per nebbie autunnali
Produzione di foraggio o cerali e foglie per la nutrizione del baco da seta
Produzione di legna da ardere o da opera dei tutori vivi
Impiego dell’abbondante manodopera familiare
Genio d'arte
Opere d’arte che hanno preso spunto dall’ingegno architettonico dei fratelli Belussi. Le opere d’arte di Tomas Saraceno ricordano i paesaggi che si vedono sollevando gli occhi al cielo.
elogio allaIngegno
Il paesaggio è costruito dall’uomo che diventa parte integrante di esso. La Bellussera in un territorio veneto fortemente antropizzato fin dagli anni ’80, è divenuta tipica perché legata al territorio, alla sua storia, al vitigno Raboso, autoctono.
elogio allaDuttilità
La malattia dell’Olmo, fratello della vite maritata, ha portato gradualmente alla necessità di una forma di allevamento diversa sostituendo il tutore vivo con sostegni morti che hanno consentito ai Vitigni del Piave di dare sfogo al loro grande vigore in ambienti fertili, ma umidi e con rischi di gelate tardive, costringendo gli agricoltori a portare la vegetazione a svilupparsi in alto.
elogio allaBellussera
La struttura che caratterizza un determinato paesaggio, specchio del lavoro e della fatica dell’uomo. Un frammento di storia che abbiamo ereditato dai nostri nonni, una tradizione che oggi preserviamo e tramandiamo alle generazioni future.
il paesaggio, specchio delNostro lavoro
Il paesaggio prende origine non semplicemente dalla natura ma da un luogo e da una comunità. L’azione dell’uomo è necessaria e fondamentale e lo rende identitario. Per questo noi apparteniamo ad un luogo ben specifico e all’immagine che ne abbiamo fin da quando eravamo dei bambini. I cambiamenti veloci degli ultimi anni hanno stravolto l’immagine del paesaggio rurale della Piave, fin quasi a renderlo irriconoscibile. Nella provincia di Treviso questa immagine è legata al fiume che scorre tra i vigneti e alla Bellussera che per decenni è stata l’elemento dominante per la sua maestosità, la sua diffusione, la sua storicità che l’ha elevata a radice storica di tutti i viticoltori della nostra zona. Mantenerla viva è forse un atto di opposizione al progresso, alla filiera industriale, ma al contento è un atto di generosità e di ammirazione per la sua unicità, per la sua duttilità e per la capacità che gli agricoltori trevigiani hanno avuto nel trovare in essa, soluzioni alla filossera, alla peronospera, alle asperità invernali e alla povertà dei primi del ‘900.
la BellusseraOggi
Non deve sparire. Almeno che alcuni frammenti rimangano a testimonianza futura, ricchezza per le generazioni future. Un vignaiolo non può e non deve solamente ragionare per il puro interesse; tra i suoi ruoli, anche quello di preservare il territorio. Ed in questo caso territorio inteso come genius loci. La Bellussera rappresenta la biodiversità del mondo vegetale, animale e dei microrganismi del suolo con la contemporanea conservazione di un paesaggio non ripetitivo di filari interminabili, ma di siepi, fossi ed alberate che dovrebbero essere la norma anche nei vigneti del futuro.
La Bellussera identifica i vigneti di Raboso, il nostro più prezioso vitigno autoctono. Che se non è giusto identificare un vino per il sua forma d’allevamento, è pur vero che quest’ultima è nata per sostenere la vigoria del Re della pianura del Piave.
Non nostalgia deve portare a custodirle, ma memoria importante del nostro passato.
La Tradizione non consiste nel conservare le ceneri, ma nel mantenere viva una fiamma. Jean Jourés